Passare da apparecchi acustici analogici ai digitali senza shock

Gli apparecchi acustici digitali sono sul mercato dal 2006 ed oggi hanno totalmente rimpiazzato quelli con la vecchia tecnologia analogica. Nonostante questo, molte persone ancora non riescono a staccarsi dai propri apparecchi analogici, ormai usurati e non più riparabili in quanto non esistono in commercio nemmeno i pezzi di ricambio.

Molti di questi dispositivi analogici sono tenuti insieme da nastro adesivo e colla e ci sono addirittura siti web che rivendono vecchi apparecchi analogici usati a coloro che si rifiutano di passare alla tecnologia degli apparecchi acustici digitali.

Perché preferire un vecchio apparecchio acustico analogico rispetto al digitale?

La tecnologia analogica utilizza un tipo di amplificazione lineare che non manipola in alcun modo il suono. In parole semplici, amplifica al massimo della potenza ogni suono dell’ambiente dai rumori piú deboli alle voci più forti. Chi ha una perdita uditiva di grado severo o profondo ed è cresciuto utilizzando questa tecnologia la preferisce perché la voce risulta più piena e in generale più affidabile. In questo modo è certo di non perdere nessuno dei suoni presenti nell’ambiente.

Digitale o analogico, cosa è meglio?

La risposta più semplice sarebbe senza dubbio digitale: basti pensare al miglioramento della qualitá passando dai film in VHS (analogici) a quelli in streaming 4K, oppure dalla musica in vinile a quella tramite lettori digitali.

Gli apparecchi acustici digitali sono in grado di elaborare il suono e modificarlo riducendo il rumore di fondo e amplificando solo le frequenze della voce del nostro interlocutore. Tutto questo in automatico senza che l’utente debba apportare modifiche manualmente. Insomma: un vero prodigio della tecnica.

Cosa fare per riuscire a passare da apparecchi acustici con tecnologia analogica a digitale senza traumi?

  1. Capire la persona

Con un’ipoacusia neurosensoriale da grave a profonda, la capacità di cogliere piccole differenze nella qualità e nell’intensità del suono è in realtà migliore di chi ha una sordità lieve.

Chi ha questo tipo di sordità fa necessariamente molto affidamento sull’apparecchio acustico perché senza di esso non puo’ sentire alcun discorso. Di conseguenza qualsiasi modifica alla qualità del suono può causare grave ansia e preoccupazione in quanto potrebbe ridurre la capacità di comunicare.
È pertanto fondamentale comunicare con il paziente, comprenderne le preoccupazioni e dargli tutto il tempo necessario per abituarsi a questo grande cambiamento. Nonostante le difficoltà iniziali, al termine del percorso di riabilitazione avrà certamente maggior beneficio dall’utilizzo di apparecchi digitali.

  1. Non avere fretta

Un altro errore comune è quello di utilizzare le stesse strategie riabilitative che si utilizzano per perdite lievi su chi ha invece una sordità profonda ed è stato abituato a un apparecchio acustico analogico, con funzionalità automatiche limitate. Improvvisamente l’utente passa dal sentirsi come se capisse e avesse il controllo su come funziona l’apparecchio acustico, all’essere completamente fuori controllo. Questo potrebbe ovviamente creare molta ansia anche nella persona più equilibrata.

Gli apparecchi acustici moderni restituiscono una gamma molto più ampia di suoni rispetto agli apparecchi acustici analogici. Se il paziente non ha “mai” sentito questi suoni prima, provare a ripristinarli completamente può far risultare il suono metallico o distorto.

È fondamentale non avere fretta e introdurre i “nuovi” suoni poco per volta, dando man mano il tempo di abituarsi al paziente.

Una buona strategia è quella di iniziare regolando gli apparecchi digitali in modo che “simulino” il più possibile la tecnologia analogica, ad esempio disattivando alcuni automatismi come compressione e riduzione del rumore ambientale.

Per approfondimenti su questa particolare tematica, potete ascoltare la videotestimonianza di Elisa che si è affidata al Centro Aures per questo importante cambiamento. Clicca qui per accedere al video

Articolo a cura della Dott.ssa Chiara Bassoli

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