
Udito e cervello: con la sordità il rischio di demenza triplica
Il 05 marzo Aures sarà presente al “Caffè Alzheimer”, un luogo di incontro per le persone con disturbi di memoria e/o deterioramento cognitivo e i loro caregiver.
L’ appuntamento avrà inizio a partire dalle h. 14.30 presso la sala polivalente della Casa Residenza “San Biagio” a Casalecchio di Reno. In quell’occasione, la dott.ssa Bassoli si confronterà con i familiari di anziani affetti da demenza, approfondendo il legame tra perdita dell’udito e declino cognitivo. Sarà un momento utile per riflettere sull’importanza di intervento tempestivo sui danni dell’udito e sulle tecniche di gestione del decadimento cognitivo .
Il tema è già stato più volte approfondito da ricercatori e professionisti in ambito sanitario. A questo proposito, presentiamo un estratto dell’articolo pubblicato sul sito Salute H24 nel 2017, che approfondisce il legame tra udito e cervello.
Non sentiamo solo con le orecchie, ma anche (e soprattutto) con il cervello. In pratica, il suono di una parola non attiva soltanto la corteccia uditiva, dove la parola viene “sentita”, ma accende numerose aree e reti del cervello dove viene “compresa” o collegata da un punto di vista semantico e cognitivo. Così, è dimostrato come gli elementi cognitivi – come la memoria a breve termine, l’elaborazione centrale e le esperienze di vita – siano cruciali per capire un discorso in un luogo rumoroso, più delle stesse capacità uditive, che influiscono solo per il 10%. “Tra udito e cervello sembra esserci – commenta Andrea Peracino, presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano – un legame ‘a due corsie’: da un lato i processi cognitivi incidono sul modo in cui le persone sentono, dall’altro gli stimoli sonori attivano la corteccia cerebrale a tutto campo. Si tratta di un vero e proprio intreccio, che si manifesta anche quando si riscontra un deficit: un calo uditivo può infatti ridurre il volume della corteccia cerebrale, determinando cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello; mentre il declino cognitivo può peggiorare le capacità di ascolto e di comprensione delle parole, favorendo la comparsa dell’ipoacusia. Vanno poi considerati altri fattori, come lo stress e l’affaticamento generale, che possono aggravare ulteriormente gli effetti del calo dell’udito e del declino cognitivo. Tutto questo condiziona le nostre capacità cognitive nell’arco di tutta la vita”.
Quando l’udito cala, il cervello risponde. Gli studi scientifici più recenti dimostrano come i problemi di udito possano aumentare di oltre 3 volte il rischio di demenza e come, d’altra parte, le persone con un deficit cognitivo presentino in 3 casi su 4 anche un calo dell’udito.
“Il Rapporto ‘Il Cervello in ascolto’ porta nuove conferme – afferma Gaetano Paludetti, direttore dell’Istituto di Otorinolaringoiatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – sul legame tra udito e cervello: maggiore è l’ipoacusia e più elevato è il rischio di sviluppare un deterioramento cognitivo grave. Questi dati evidenziano la necessità di un intervento tempestivo: gli ultimi studi, infatti, dimostrano come la giusta amplificazione acustica si associ a un declino cognitivo più lento in un arco di 25 anni, permettendo di mantenere una buona funzionalità cerebrale. Si stima, dunque, che rallentare di un solo anno l’evoluzione dell’ipoacusia possa portare a una riduzione del 10% del tasso di prevalenza della demenza nella popolazione generale”.
Che cosa succede nel cervello quando l’udito cala? Gli esperti si soffermano sui cambiamenti strutturali e funzionali che possono manifestarsi.
“Il deficit uditivo determina una deafferentazione sensoriale della corteccia cerebrale uditiva – spiega Camillo Marra docente di neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – e questo determina una riduzione del volume di queste zone corticali e una diminuzione del numero delle diramazioni che sono necessarie per la comunicazione tra cellule nervose e per il normale svolgimento delle funzioni di ascolto e comprensione. A conferma di ciò, recenti studi di neuroimaging hanno svelato come le persone con un calo dell’udito presentino una riduzione nello spessore dei fasci di sostanza bianca nella zona uditiva, cioè di quei fasci nervosi che presiedono al collegamento e all’interazione delle cellule nervose tra loro. Queste alterazioni uditive e del sistema nervoso centrale richiedono l’attivazione di molti meccanismi compensatori cerebrali, che impattano pesantemente sull’impegno cognitivo necessario all’ascolto, affaticando il cervello e rendendolo meno efficiente per lo svolgimento delle altre funzioni cerebrali. Si stima così che il deficit uditivo possa ridurre, anche di oltre il 30%, l’efficienza di altre abilità cognitive, aumentando il rischio di una precoce compromissione di funzioni come l’attenzione, la memoria e le capacità strategico-esecutive”.